21.1. La legge n. 232 del 2016, istitutiva del c.d. Fondo per l’Africa, si inserisce nel quadro dell’iniziativa di un innovativo partenariato con i Paesi di transito e di origine dei flussi migratori (c.d. “Migration Compact”) promosso dalla Commissione Europea il 7 giugno 2016.
Con successivo Atto di Indirizzo il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha stabilito l’ambito territoriale per l’utilizzo del c.d. Fondo per l’Africa inserendo all’art. 2 la Libia quale Paese prioritario cui destinare le risorse del Fondo.
All’art. 3, tra gli interventi prioritari, vengono indicati, tra gli altri, “programmi di formazione per le Autorità di frontiera […] fornitura di equipaggiamenti e strumentazioni per il controllo e la prevenzione dei flussi di migranti irregolari e per la lotta al traffico di esseri umani; iniziative di sostegno istituzionale e delle capacità amministrative […]”.
E’ bene precisare che siffatto Atto di indirizzo, ancorché richiamato nel provvedimento di spesa impugnato con il ricorso principale, e nell’Intesa oggetto dei motivi aggiunti, è rimasto inoppugnato.
21.2 Secondo quanto documentato dall’Avvocatura dello Stato, nel maggio del 2017 si è svolto un incontro tra il Ministero dell’Interno e il Dipartimento di Pubblica Sicurezza e la General Administration for Coastal Security (GACS, Amministrazione Generale per la Sicurezza Costiera) del Ministero dell’Interno libico, facente parte del Governo libico riconosciuto dalle Nazioni Unite, nell’ambito del quale si è convenuto di procedere ad attività di formazione dell’Autorità di frontiera e di ripristino dell’efficienza di 4 motovedette già appartenenti alla GACS.
Il Ministero dell’Interno italiano ha pertanto convenuto con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale un finanziamento di 2,5 milioni di Euro a valere sul Fondo Africa per finanziare le attività suddette.
La proposta, in quanto evidentemente valutata dal Governo italiano come coerente con la strategia complessiva di cooperazione con i Paesi di transito e origine dei flussi migratori, è stata successivamente trasfusa in un’apposita Intesa tecnica tra MAECI e Ministero dell’Interno finalizzata a “fornire assistenza tecnica alle Autorità della Libia per intensificare la lotta contro il traffico di migranti nel Mar Mediterraneo” (art. 1, comma 2), nel dichiarato contestuale rispetto “dei diritti umani e degli obblighi che discendono dal diritto internazionale ed in particolare modo dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (art. 5).
In attuazione dell’Atto di indirizzo, e dell’Intesa tecnica, è poi stato adottato il decreto di impegno di spesa oggetto di impugnativa che, come evidenziato dalla difesa erariale, costituisce meno del 6% delle risorse destinate alla Libia (complessivamente pari a 42,5 milioni di euro), mentre 30 milioni di euro del Fondo per l’Africa (oltre il 70% degli interventi in Libia) sono stati stanziati per la realizzazione di attività umanitarie e di cooperazione allo sviluppo.
Tra questi ultimi vi sono18 milioni di euro destinati come contributo italiano al Piano d’Azione dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) per la Libia per la realizzazione di ritorni volontari assistiti, per l’assistenza e l’informazione dei migranti e per lo sviluppo delle comunità locali; nonché 10 milioni di euro come contributo italiano al Piano dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) per la Libia per l’assistenza a rifugiati, migranti e comunità locali.
Vi è stato dunque, contestualmente all’iniziativa oggetto di impugnativa, un significativo impegno italiano volto a migliorare le condizioni nei punti di sbarco e nei centri di detenzione, nonché l’espletamento di azioni di ricerca e reperimento di soluzioni alternative alla permanenza nei centri, quali l’offerta di assistenza per il rientro nei Paesi d’origine e per i reinsediamenti, per i potenziali beneficiari di protezione internazionale, in Italia e in Paesi terzi.
La difesa erariale ha ricordato in particolare l’apertura di canali legali di immigrazione cui l’Italia ha contribuito con il trasferimento in Italia (nel dicembre 2017) di migranti particolarmente vulnerabili di nazionalità eritrea, etiope, somala e yemenita individuati da UNHCR nei centri libici.
Inoltre, l’Italia non ha mai smesso di continuare a salvare vite in mare lungo la cosiddetta “rotta del Mediterraneo Centrale”, anche nel quadro delle missioni europee.
Nel 2017, come evidenzia l’Avvocatura, le sole unità navali italiane (Guardia Costiera, Marina Militare, Guardia di Finanza) hanno soccorso complessivamente 36.492 migranti (circa il 32%), mentre 9.152 persone (l’8%) sono state soccorse da unità straniere, in ambito Frontex e non.
In sostanza, nel complesso risulta che l’impegno dell’Italia in Libia finanziato con il Fondo per l’Africa non si è risolto nella mera assistenza tecnica alle Autorità preposte al controllo delle frontiere per il contrasto al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani, ma ha mirato anche al miglioramento delle condizioni di protezione e umanitarie dei centri in Libia a favore dei migranti e dei rifugiati.
21.2 … Basically, it appears that, on the whole, Italy’s activities in Libya, financed by the Fund for Africa, did not amount only to a form of technical assistance to the authorities in charge of border control to counter the smuggling of migrants and the trafficking in human beings, but also aimed at improving the protection and humanitarian conditions of migrants and refugees in Libya’s centers.